DÔME DE NEIGE DES ECRINS mt. 4.015 - "I CINQUE VAGABONDI"-
il racconto di un'avventura in montagna, vissuta con gli amici di sempre |
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È il sedici maggio, e ancora una volta sta sorgendo il sole.
Mi ritrovo a vagabondare per i monti con gli sci ai piedi.
La mente corre nel passato.
Un anno fa con i soliti inseparabili compagni di ventura Roby, Raul Enrico e Remo, saliamo lo stesso pendio ma
con un tempo decisamente pessimo.
Nevica copiosamente, ma noi imperterriti andiamo avanti.
Finche il pendio è dolce, i venti centimetri di neve fresca non danno noia ma una volta arrivati dove il pendio si
inclina maggiormente, e la linea di salita richiede le inversioni inizia il divertimento.
Raul con quelle gambe da cicogna non ha problemi, ma chi come il sottoscritto ha le gambe semicorte, può essere
un problema.
Bando agli scherzi il tempo peggiora, la neve non accenna a diminuire e le nuvole si addensano basse e per cui
diventa pericoloso continuare.
Finché attraversando un pendio, pur avendo preso le precauzioni del caso, cioè aumentare le distanze, ed altre accorgimenti, succede il patatrac. |
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Si stacca una valanga, di dimensioni contenute, ma abbastanza da coinvolgere due di noi.
Raul e Remo iniziano a scivolare lungo il pendio a cavallo della valanga.
Io ed Enrico restiamo bloccati dallo svolgersi veloce del fatto, vediamo Raul che cerca di fermarsi piantando nella neve i
bastoncini da sci, non vedendo risultati, ma solo l'avvicinarsi del crepaccio si gira verso di noi ed esclama "ciao ragazzi io vado" ma fortunatamente dopo qualche istante dato che dalla sua parte la neve era di spessore
minore riesce nella manovra.
Nello stesso istante Remo invece essendo nella parte centrale della valanga, dove lo spessore è maggiore continua
la sua corsa, trovando davanti a se il crepaccio.
Con sangue freddo si prepara al salto, quanto sia profondo non lo sa ma non può fare altro.
Gli ultimi momenti per raddrizzare gli sci per un "forse" atterraggio migliore.
E via, Remo è sparito, passa qualche istante, che sono eterni ed iniziamo a gridare chiedendo notizie. |
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Sentiamo forte e chiara la sua voce che ci conferma il suo buon stato.
Velocemente iniziamo il recupero.
Arriva anche Roberto che era rimasto un po' indietro, dovendo lasciare le distanze, che aveva la corda nello zaino,
noi piantiamo gli sci a croce per poter creare l'ancoraggio e collegare la corda per recuperarlo.
Nel frattempo Raul con un traverso al limite della tensione, riesce a ritornare da noi.
Fatichiamo parecchio a recuperare Remo, perché ridendo e scherzando o meglio scivolando e saltando i suoi dieci metri
di salto li ha fatti tutti, e per fortuna che essendo in buone condizioni ha potuto collaborare nella risalita.
Una volta rispuntato dal crepaccio siamo ancora tutti felicemente insieme.
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operazioni di recupero dal crepaccio di Remo |
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Oggi il tempo è dalla nostra parte, manca Roberto che non ha potuto assentarsi dal lavoro.
La gioia di questa salita è tanta, il pendio inizia ad aumentare la sua inclinazione, ed arriviamo alla zona crepacciata,
tutto intorno un mare di bianco, di persone neanche l'ombra.
Troppa fatica, non come sulle piste classiche dove per prendere gli impianti devi fare a gomitate, qui i
rumori più forti
sono lo strofinio delle pelli sulla neve e il battito del nostro cuore gioioso.
Ma è appunto questo, che ripaga tutte le nostre fatiche, "un mondo splendido".
Il primo giorno milletrecento metri di salita, il secondo giorno millecento metri di salita, più i duemilaquattrocento di discesa.
Alle dieci ci troviamo ai piedi del pendio, ci resta ancora secondo l'altimetro trecentoventi metri alla cima, che dobbiamo
salire senza sci, perché l'inclinazione è troppo forte
Arriviamo in vetta, stanchi ma soddisfatti.
In testa al gruppo Remo poi Danilo ,Enrico e Raul, l'immancabile stretta di mano, di chi è fiero l'un dell'altro e sa di contare
sull'aiuto reciproco. |
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Remo in uscita dal crepaccio dov'è precipitato |
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Iniziamo la discesa, e vedo Remo, che veloce come un felino, conquista gli sci alla base della parete, e si incammina
veloce verso una seconda cima, poco distante.
Un altro quattromila, non vuole perderlo, vuole darci la biada.
Certi personaggi, per fermarli hai solo un modo, devi sparagli alle gambe.
Arriviamo finalmente anche noi sulla seconda cima.
La prima cima Barre des Ecrins ed è quotata 4.102 metri l'altra Dome de Neige a quota 4.015 metri .
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Lo spettacolo che si presenta è magnifico, tutto intorno è maestoso.
Sarebbe bello girare questi luoghi per il lungo e per il largo, e fare ritorno a casa solo dopo mesi di vagabondaggio.
Niente auto, televisione o radio, niente civiltà, anche se certi comportamenti dell'uomo Sapiens, di civile non hanno
proprio niente.
Ma fatto la prima curva, è meglio concentrarsi sulla discesa perché gli zaini sono pesanti, ed è un attimo farsi male.
La neve nel primo tratto è bellissima, gli sci e soprattutto le lamine mordono bene.
Ma più ci abbassiamo e più fa caldo, per cui inizia ad essere pappa, e dopo una discesa durata circa due ore e trenta, arriviamo alla macchina, pronti per una nuova avventura
Un ringraziamento particolare lo porgo ai GRIGIONI, che non è la zona della Svizzera verso il Maloja, ma bensì tre personaggi
con cui è bello vagabondare.
Relazione e fotografie di: Danilo Clerici (cavallopazzo)
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