Poco prima di Gressoney La Trinitée, svoltare a destra prima dell'abitato e lasciare l'auto appena dopo il ponte,
prima della seggiovia di Punta Jolanda.
Il sentiero sale irto nel bosco seguendo le indicazioni per il bivacco Gastaldi, si lascia sulla sinistra la
diramazione per il Gabiet e si prosegue sempre su terreno ripido sino alle baite di Spilmannsberg (m. 2.098).
Si prosegue a mezzacosta nel Vallone di Netscio (visibile sul versante opposto la diga del Gabiet) sino ad
attraversare il torrente (che scende dai laghi) dove si lascia nuovamente a sinistra un'altra deviazione
per il Gabiet (m. 2.430).
Si sale con numerosi tornanti il ripido pendio erboso sulla sinistra del corso d'acqua sino a giungere ad un
breve tratto di placche rocciose che su superano con l'aiuto di una fune metallica. Superato questo gradino
roccioso il sentiero prosegue in una pietraia che in breve porta al terrazzo dove è posto il bivacco
C. Gastaldi (m. 2.630), visibile solo all'ultimo momento (2h 45min). |
Scendere nella conca sottostante aggirando sulla sinistra le placche e successivamente il prato che in poco
tempo porta al Lago (10 min dal bivacco Gastaldi).
Risalire il breve pendio sulla sponda opposta e in 5 minuti raggiungere gli altri 2 laghetti di Netscio.
Un percorso alternativo per la salita, partendo sempre da Gressoney La Trinitée, e' l'utilizzo della seggiovia
sino a Punta Jolanda (mt. 2.278) e poi sul tracciato di una vecchia ferrovia si raggiunge la diga del Gabiet
(raggiungibile anche da Stafal in cabinovia).
Ai piedi dello sbarramento si stacca un sentiero che attraversa l'Alpe Guollen, l'Alpe Scherpia e tutto il vallone
di Spissen per poi oltrepassare un crinale che immette nel vallone di Netscio sino a congiungersi nei pressi
del torrente al sentiero che sale da Gressoney.
Discesa: lungo l'itinerario di salita.
Note: bella escursione in un ambiente selvaggio, il breve tratto di rocce lisce è superabile facilmente con l'aiuto
della fune metallica, ma puo' diventare insidioso in caso di pioggia.
Splendido il panorama sulla catena del Monte Rosa.
Relazione e fotografie di: Erik Rosazza
|