PUNTA MARCO via Alison mt. 3.640
     

Località di partenza: Pont m. 1.960 (Valsavarenche)

Difficoltà: ED, 7b+ max, 6b/A1 obbl.; 430 m (Demarchi, Oviglia, 1997)

AVVICINAMENTO: l’avvicinamento è sicuramente lungo (sempre che non si decida di dormire al rif. Vittorio Emanuele) e la morena finale si fa sentire. Conviene rimanere nel fondovalle il più possibile e solo all’ultimo risalire la faticosa morena; nel dubbio tenere sempre la destra. Probabilmente nelle annate meno secche alcuni nevai agevolano la salita; in quel caso sono però necessari i ramponi.

NOTE GENERALI: la via ha le soste spittate ed attrezzate con cordone e maillon rapide per le doppie; inoltre i passaggi chiave lungo i tiri sono sempre ben protetti a spit-fix. E’ conveniente – ma non indispensabile -, almeno per le calate, avere delle corde da 60 m.
Materiale consigliato: qualche fettuccia cucita, 1 set di nut ed 1 set di friend medio-piccoli; non è necessario raddoppiare le misure dei friend in quanto le fessure non sono regolari. E’ consigliabile sfalsare le mezze corde ed allungare i rinvii per evitare possibili attriti. Qualora siano presenti altre cordate e durante le doppie, fate attenzione alle numerose cenge “dolomitiche” con pietrame in quantità pronto a cadere.

DESCRIZIONE
L1: 6a; bel tiro di placca, quasi interamente protetto a spit.
L2: si attraversa quasi in piano a dx per 15 metri su terreno facile, arrivando ad uno spit con cordone.
L3: 5a, tiro lineare, con sosta su uno spit verso dx.
L4: 5c, bel tiro con varie fessure interessanti e sosta su terrazzino a sx. Con le corde da 60 m (allungando opportunamente i punti di protezione), abbiamo unito in un tiro unico L3 e L4.
L5: si cammina verso dx lungo la cengia detritica per 20/30 m circa.
L6: 6b; stupendo tiro in fessura, ben proteggibile, con impegnativo passaggio finale in traverso.
L7: 6a+; altro stupendo tiro con varie fessure (lungo; sfalsare le corde).
L8: si sale facilmente per un paio di metri e si attraversa, camminando verso dx, per 20/30 m l’ennesima facile cengia, per portarsi sotto un’evidente e verticale parete compatta.
L9: 7b+; è un tiro nettamente più duro rispetto al resto della via. Si sale la prima parte su roccia rotta (ma stabile, visto che non si è staccato nulla), per poi arrivare ad un traverso verso destra di placca, spittato. Si riesce ad arrivare da uno spit all’altro (utile una staffa; anche improvvisata con una fettuccia), tranne l’ultimo spit del traverso che costringe a fare il “passo più lungo della gamba”. Per evitare spiacevoli e comiche (per il secondo che comodamente osserva) acrobazie, due tecniche: 1° mi porto un bel rinvio lungo e rigido; 2° mi faccio calare per 1,5 m e vado in traverso (sempre a dx), fino ad arrivare in un diedrino che risalgo (se in artificiale, ci va roba piccola). Dopo l’agognato spit, bisogna conquistarne un altro, per poi attraversare a dx, entrando in un diedro (fessura ad incastro a dx) che si sale faticosamente, arrivando ad una sosta scomoda.
L10: 6b; Si sale lungo un diedro faticoso, per poi spostarsi ed attraversare verso dx, con passaggi obbligati, una placca (spit all’inizio ed alla fine, non si può integrare) e salire un facile tetto, spostandosi poi verso sx. E’ conveniente fermarsi a questa sosta intermedia (1 spit, 3 chiodi e cordoni, terrazzino), altrimenti le corde fanno troppo attrito.
L11: 6a/6a+; si ritorna 1m a dx e si sale verticalmente per poi sostare a sx.
L12: 5a; si sale facilmente verso dx, per poi tornare, all’altezza della cengia, decisamente a sx (camminando), cercando una sosta (2 spit, cordino e moschettone) nella roccia rossastra e soleggiata (non farsi fuorviare dal versante in ombra; il chiodo che si vede in alto è della via Billy).
L13: 6a/6a+; stupendo tiro in fessura (probabilmente il più bello, sicuramente estetico e fotogenico), con roccia rossastra fessurata ed uscita finale impegnativa, verso dx. Questo e l’ultimo tiro sono gli unici che richiedono una posa maggiore delle protezioni veloci (per altro agevolata dalle ottime fessure).
L14: 6b/6b+; ultimo tiro, ma per niente banale; anzi sicuramente continuo (complice anche la stanchezza), con tre singoli passaggi faticosi e tecnici (memorabile l’ultimo, per salire una larga fessura con un masso incastrato), ma sempre ben protetti. Si arriva così a pochi metri dalla cima, costituita da un blocco incastrato.

DISCESA: doppie sulla via, scegliendo con cura la linea di discesa, per evitare i numerosi spuntoni pronti a bloccare le corde…Portare eventualmente qualche cordino da abbandono per rimpiazzare quelli più usurati.

Note: Gran bella via con ottima roccia, ben fessurata. Eccezionali le ultime due lunghezze sull’obelisco terminale (non per niente la foto della penultima lunghezza è la copertina dell’ottima guida Rock Paradise di Oviglia)

Relazione di Stefano Pivot